Quei filari di Nebbiolo tanto amati dal Re

Ci sono molte strade per arrivare a coltivare le proprie passioni. Quelle della famiglia Veglio di Castelletto le racconta Cristiano, enologo ed esponente della sesta generazione, che con il fratello Fulvio, anche lui enologo, e il padre Giuseppe, conduce Cascina Bruni, 12 ettari di vigneto, soprattutto Nebbiolo da Barolo, nel cuore stesso della zona in cui si produce quello che è definito come il re dei vini e il vino dei Re. E appunto con le vicende di un Re si intreccia la storia della famiglia Veglio.

Siamo alla fine del 1800, l’Unità d’Italia è cosa fatta da pochi decenni. I Veglio di Castelletto arrivati, così dice la storia, da Castelletto Uzzone dopo la campagna di Francia 1821 con l’armata reale (per questo l’insegna Arma Veglio di Castelletto in campo rosso con banda oro con due stelle poi modificata in campo nero), combattono a fianco di Napoleone per poi stabilirsi a Castiglione Falletto acquistano una piccola Cascina in località Piantà. Dopo le campagne Napoleoniche lavorano, oltre le proprie terre, in parte quelle vicine che il Re, Vittorio Emanuele II, ha donato alla sua sposa morganatica, Rosa Vercellana, che passerà alla storia come la Bèla Rosin, e ai suoi figli e nipoti. Dagli eredi del Re, i Di Mirafiore (già Opera Pia di Barolo), i Veglio acquistano una tenuta, “La Favorita” chiamata così dal 1400 divenuta poi Cascina Bruni. Casa patronale sullo stradone per Serralunga d’Alba con un estensione di circa 90 ha tra campi, boschi cedui e vigne abbarbicate sulle colline che la circondano. Da lì parte un’avventura famigliare che dura ancora oggi insieme ad una vicenda professionale che dapprima vede la famiglia Veglio impegnata nell’allevamento di bovini di razza e nella ricerca dei tartufi, i famosi e prelibati funghi ipogei, e poi nella cura di pregiati vigneti di nebbiolo da Barolo che si trovano al centro dell’area più classica della produzione del Barolo, oggi anche patrimonio dell’Umanità tutelato dall’Unesco.

Dal Tuber Magnatum Pico al Barolo

I Veglio sono gente attiva e intraprendente. Dopo avere acquistato Cascina Bruni la trasformano in una redditizia stazione di monta. Loro allevano tori della razza piemontese. Arrivano allevatori da tutto il Piemonte per fare ingravidare le vacche che daranno vitelli di pura razza. Insieme all’allevamento bovino i Veglio coltivano la vigna. È un lavoro durissimo. Poi ci sono i tartufi. In famiglia sono una vera “religione”. Uno dei fratelli, Luigi, è un vero asso. Li trova senza neppure l’uso del “tabui”, il cane dall’olfatto portentoso che usano i trifolao, come chiamano in Piemonte i cercatori di tartufi (le trifole). Lui no, conosce le piante, i luoghi giusti, sa leggere il terreno e va a colpo sicuro con il suo zappino. Tanto che sarà lui a vincere un premio, con ben cinque chili di “diamanti grigi”, ad una delle prime Fiere del Tartufo di Alba. Ma non basta. Giuseppe Luigi Veglio di Castelletto fondatore della Cantina nel 1897 guarda quella distesa di vigneti e decide: «Da ora faremo noi il nostro Barolo». Un’intuizione geniale che porterà i vini di Cascina Bruni ad essere apprezzati non solo in Italia, ma in tutti i continenti.

I segni del Passato per i sogni del Futuro

I Veglio coltivano la storia della famiglia consapevoli che da quelle radici partono impulsi che sono alla base dei vini che portano il loro mondo nel mondo.

Così Cascina Bruni è una sorta di “tempio” dove ancora oggi si custodiscono le tracce e i segnali di un passato che serve a realizzare i sogni di domani, a Giuseppe Luigi, Vignaiolo, classe 1944, succede alla guida dell'era moderna Cristiano Maria (foto) Enologo, coadiuvato dal fratello Fulvio ed un team di fidati collaboratori.